L’ uomo che trova dolce la sua patria è solamente un rozzo principiante; l’uomo per quale ogni paese è come il suo proprio paese è già forte, solo l’ uomo per chi il mondo intero è come un paese straniero è perfetto.
Hugo di S. Vittore , 12 secolo
Il piano, a lungo accarezzato, di Susanne Kessler di venire in India come artista in residence era stato stimolato da precedenti brevi viaggi nel sub – continente. Questi la avevano ispirata profondamente come si puo’ vedere nelle opere precedenti quali la serie di “caroselli”. Perseguita con costanza tranquilla e con flessibilità, alla fine il piano si realizzava tra il dicembre 1995 e il marzo 1996 sotto l’egida del Goethe-Institut in India: Max Mueller Bhavan. In seguito, nell’autunno 1996, e’ stata invitata dal Goethe Institut di Lahore, in Pakistan.
Le opere da lei create a Hyderabad, Madras (Chennai), Delhi, Bombay(Mumbai) , e più tardi a Lahore(Pakistan) tracciano le tappe di un viaggio, movimenti nello spazio interno ed esterno:
Installazione “The Universe Moves”, Max Mueller Bhavan Madras, Decembre 95
Installazione “The Universe Moves”, Lalit Kala Akademi, New Delhi, Gennaio 96
Installazione “Recording Disappearance”, Lalit Kala Akademi, New Delhi, Gennaio 96
Installazione “The Broken Image”, Max Mueller Bhavan Hyderabad, Febraio 96
Installazione “Conserving Memories” Max Mueller Bhavan, Gallery Chemauld, Bombay, Marzo 96
Installazione “Only to Vanish Once More”, National College of Arts, Lahore, Pakistan Novembre 96
Installazione “The Universe Moves”
Il fenomeno di impermanenza e il cambiamento costante è una esperienza che ha avuto articolazioni specifiche nella filosofia occidentale e orientale, sia antica sia moderna. Susanne Kessler sviluppa il suo concetto “The Universe Moves”, dopo aver osservato i processi di lavoro manuale in India, come quelli di costruttori di ponteggi che legano insieme pali di bambù con fibre di cocco e dei pescatori che ispessiscono le cuciture delle loro reti con frammenti di tessuto catramato.
Il suo primo lavoro sviluppato in India, consistente in una costruzione verticale di bambù con cadenza ritmica dove sono tese reti da pesca con disegni e pittura, conserva la bellezza e l’eleganza del materiale naturale bambù. La costruzione possiede simboli che evocano evoluzione: lo scheletro del pesce ci ricorda alle origini acquatiche della vita; la linea diagonale suggerisce un tetto, e quindi ricorda a una dimora umana. I disegni calligrafici sulle reti sono immagini dell’orecchio interno umano, l’ organo dell’equilibrio, e possono essere lette come metafore di un passo significativo verso l’evoluzione umana. Si condensano in loro forme di una ruota, la ruota della fortuna o del ciclo di rinascita, o un movimento universale.
Gli elementi naturali, l’aria e il vento, hanno libero gioco nelle reti, che sono leggere, fragili e poco visibili, come la delicata struttura delle ragnatele, e così i disegni vibrano di vita e si dissolvono i loro contorni nella struttura di bambù’. L’opera è piena di sfumature naturali di aria, e vento, e di transitorietà .
Il titolo della seconda opera, “Recording Disappearance”, (registrare la scomparsa) ci ricorda le parole di Cézanne che tutto sta scomparendo e che si deve fare in fretta se si vuole vedere ancora qualcosa.
E’ l’espressione dell’artista del potere del cambiamento continuo, potente e violento. Questa forza consente solamente una sospensione temporanea, un breve momento di consapevolezza e discernimento quando la percezione si immobilizza. Il lavoro è una reazione alla vita urbana caotica sulle strade di Delhi e alla percezione comune del marciapiede come habitat e spazio vitale. La tende nomadi, la dimora sotto i tetti più poveri, che rimane per un osservatore occidentale un paradosso insolubile di miseria e di vitalità, la povertà e la dignità, che, per quanto paradossale, può suscitare sentimenti di repulsione e di ammirazione, inducendo rifiuto e fascino, pieno di una miriade di sfumature di alienazione e paure.
Susanne Kessler ha preso uno dei suoi motivi precedenti, la tenda, e utilizzato come suo mezzo un telone legato precedentemente su un camion indiano, affollandolo all’ interno di creature simili a uccelli fatti di stampelle di fil di ferro.
La tenda ribolle di vita interiore e sembra volare via. Può essere tenuta a terra solo con fatica e pesanti pietre. In risonanza con le indicazioni di sfarfallio di vita all’interno della tenda, all’ esterno disegni a blocco con codificati messaggi enigmatici per un’altra sfera.
”The Broken Image” (L’immagine rotto)
Max Mueller Bhavan Hyderabad, febbraio 1996
“Conserving memories” (conservazione dei ricordi)
Max Mueller Bhavan, Galleria Chemauld , Bombay , marzo 1996
Gli antagonismi e le tensioni, implicite nel tentativo di catturare l’essenza del movimento durante il processo di legare il lavoro a un particolare mezzo, trovano ancora un’altra dimensione nella terza opera di Kessler “The broken image”. Questa installazione riflette l’esperienza dell’essere altro (the otherness /alterità) e la ricerca dell’artista di collocare se stessa nel’contesto indiano. In questa scultura i bastoni di bambù sono rotti e segati fino a suggerire gli alberi spezzati di un naufragio. Tuttavia, la delicatezza delle reti da pesca, la bellezza della composizione e le tonalità calde, ammorbidiscono il carattere terminale dei frammenti e dei pezzi di quadri, e gli danno un tono fragile e poetico.
“Conserving Memories” e’ una mostra composta da una serie di piccole immagini, ed è stato presentata a Bombay prima di tornare in Germania. Queste testimoniano la complessità delle esperienze personali e artistiche in India. Queste forme astratte e colorate piene di fantasia sono creazioni che hanno tutte l’intimità di un diario, espressione artistica di sensazioni spontanee e sentimenti. Essi conservano, anche nella loro astrattezza, un tesoro di ricordi che sempre, come ogni storia indiana, continuano a narrare passato , presente e futuro. Nella loro totalità queste opere di Susanne Kessler raccolgono, come in uno specchio ustorio, le energie e ispirazioni che l’ India può offrire. Le impressioni sensuali di luce e colore, il calore, il vento e l’acqua, si intrecciano e si fondono con l’esplorazione delle qualità di materiali e oggetti trovati (objets trouve’).
Tutto si intreccia con gli incontri e le interazioni in India, le reazioni a nuovi modi di vita, il lavoro e l’arte, e contribuisce a trasformare le esperienze in creazioni visionarie che integrano le decisioni artistiche e le emozioni. Chi ha potuto guardare e accompagnare Susanne Kessler nel corso del suo lavoro e’ stato colpito dalla sua disponibilità’, dal suo candore e dalla sua volontà di estendersi al di là degli stretti confini, allo stesso tempo mantenendo l’atteggiamento di un artigiano pieno di sensibilità e rispetto per il suo materiale. Essi ricorderanno una qualità femminile nel suo modo di rapportarsi con la natura e gli esseri umani, una qualità di ricezione, pur mantenendo la propria identità.
Le sue proiezioni tridimensionali di forma e colore nello spazio e movimento invitano lo spettatore a scoprire il lavoro, il mondo e il Sé.
Tornando in Germania, Susanne Kessler sapeva che il suo prossimo soggiorno in Pakistan avrebbe aggiunto presto un altro capitolo di una storia infinita di coinvolgimento con l’Oriente. “Only to vanish once more”, l’opera realizzata per il cortile del National college of Art a Lahore su pali tessuti, strati di colori e forme, sedimentazioni di esplorazioni e scoperte, su una grande tela. Pittura, schizzi, disegni, simboli, scritture – tutte queste in gruppi, sciolti e cristallizzarti di nuovo. Il tentativo di esprimere attraverso le immagini bidimensionali la forza creativa come principio di cambiamento, transizione e metamorfosi è allo stesso tempo l’impulso per numerose costruzioni spaziali, che utilizzano la tela sempre versatile e il bambù. Piegato in diverse forme e montato in ambienti diversi, il lavoro si trasforma in un serpente nel giardino del Goethe-Institut,in una costruzione sul fiume Ravi, in un rifugio per i pastori che curano i bufali sulle rive del fiume, in un banner a un incrocio di strade congestionate. Messa verticalmente l’opera rivela un testo in Urdu di scritti di Iqbal, squisitamente trascritto dal calligrafo Asif Reza Naqvi, e funziona come una pergamena in onore del grande poeta e filosofo. Infine, “Only to Vanish Once More” ritorna ad un ‘ambiente estetico più familiare, il College of Arts. Portando tracce della sua esposizione nei vari siti, fessure e crepe, coperto di polvere e di sabbia, si tratta di un opera piena di ricordi del passato, che incarna la vita suggerita o forse solo sognata.
Petra Matusche, Max Mueller Bhavan, Nuova Delhi, IN, Novembre 1996 testo del catalogo “Susanne Kessler in India e Pakistan”, 1996