l dissolversi della sostanza non è arrivato ad un tale limite in nessun altro Iavoro di Susanne Kessler. Mentre lo spettatore si sentiva nella “Tenda” avvolto da un viluppo, adesso guarda disorientato nel cielo. Prima sapeva definire il suo luogo, à adesso consegnato alla confusione labirintica di una molteplicità spaziale che culmina nel nulla.

Ciò nonostante anche in questo Iavoro esiste una struttura, che porta a un equilibrio, che tiene insieme i pali e definisce il ritmo secondo il quale i brandelli sono gettati sopra e di nuovo tirati giù. La possibilità della distruzione, già presente latentemente nella idea creativa dei conflitti, viene ora realizzata e spinta fin all’estremo. I “resti” sono riempiti con segni cifrati, come unità più piccole o meglio moduli di significato, dai quali si potrebbe generare nuova crescita. In quest’opera di distruzione si manifesta una attitudine unica nei confronti della materia. Anche in altre occasioni vengono usati solamente i più semplici e “poveri” materiali, qui invece à raggiunto un grado di dematerializzazione, che mette in questione anche l’esistenza dell’opera e sostiene a malapena la sua esistenza al limite tra essere e non essere. La dimensione spirituale del frammento, che viene estratto dal suo contesto originale e perde il suo senso, per riordinarsi secondo il principio del caso, si manifesta in questo, che quest’ordine non à precisamente sottomesso alla volontà umana. Si rifiuta al calcolo e all’interesse, ma lascia aperta la possibilità di ristabilire nuove linee di legami tramite sensibilità e riflessioni sugli effetti estetici, che non sono predefiniti dal pensare convenzionale, ma potrebbero aprire nuovi spazi immaginativi. In tal modo si forma una distanza nei confronti del nostro modo di vedere il mondo, che si può ridurre solamente quando comincia dall’interno un abbandonarsi ed un accettare le cose cosi come sono. Susanne Kessler rappresenta un atteggiamento di avanguardia, che precipita la nostra sapienza e che porta a espressione una qualità umana e una prospettiva visionaria.

 

Antje Birthälmer, “Arte Povera” tra templi e antenne, Catalogo Susanne Kessler. Werke 1984-1994, Von der Heydt-Museum, Wuppertal 1994, p. 15-16.