Ricomporre Io spazio e le sue coordinate con un paziente lavoro manuale e intellettuale, donate unuovo senso a un luogo grazie alla lenta costruzione di strutture che si presentano come metafore articolate e aperte verso suggestioni personali e collettive: I’opera di Susanne Kessler si muove su una composita dimensione installativa che rielabora una linea nobile dell’arte degli ultimi cento anni attraverso I’energia vibrante di un linguaggio personale e innovative.

Le riflessioni di Kessler coinvolgono I’utilizzo di materiali non convenzionali, la loro ricreazione in una posizione diversa e la loro ricollocazione in un contesto che non e quello per cui erano stati creati inizialmente, in una posizione che non dimentica gli originari assunti futuristi e dadaisti rivisitandoli pero attraverso esperienze di arte ambientale e alcuni elementi basilari che indirizzano in modo nuovo la sua ricerca.

Uno dei cardini del lavoro di Kessler e l’apparente casualità della disposizione degli elementi che compongono le sue installazioni, ideate, costruite e collocate tuttavia attraverso una rigorosa progettazione che nel suo esito finale raggiunge un impianto di estrema e strutturata raffinatezza compositive e concettuale.

In questo senso la leggerezza assume un particolare valore simbolico, una leggerezza mentale e poetica che riesce a far pulsare I’intera e sottile armatura dei lavori con una vibrazione della luce che si muta in una sorta di vibrazione del pensiero.

La base di questa leggerezza e fondata su un lavoro paziente di ricostruzione degli elementi modulati in una chiave che può evocare padri nobili della scultura moderna senza dimenticare poi certe esperienze cinetiche internazionali, una serie di lontani e solo possibili echi che nelle mani di Kessler assumono una consistenza e una presenza del tutto nuove, declinate come Io sviluppo mature di un lungo percorso di sublimazione.

II lavoro di Susanne Kessler e leggero senza perdere però la densità espressiva e la forza del contenuto che nasce da una consapevole e variegata serie di spunti che coinvolgono meditazioni estetiche, filosofiche e sociali.

In questo cammino la materia inizialmente gravosa e sorda trasforma la sua essenza per perdere il suo peso e trovare una levitä inattesa negli incroci di filamenti e segni pensati e costruiti dall’artista per dare forma concreta, tattile e visibile alla sua idea di opera.

Attraverso questo sistema di regole e di incastri Kessler restituisce il senso sfuggente di qualcosa che ci appare e ci sfugge allo stesso tempo, con quella qualità intuitive di rappresentazione e interpretazione fulminea delle cose che appartiene solo all’arte nella sua declinazione più significativa.

Questo affinamento e assottigliamento delle cose e concepito da Kessler attraverso quella visione disegnativa che sta a monte di un lavoro dove proprio il disegno e sviluppato in tutte le sue possibilità, dal progetto fino alla modulazione dello spazio e della sua luce che vengono poi attraversati dalle installazioni come da una matita che lascia il suo tracciato su un foglio bianco.

Le opere di Kessler si mutano allora in una vera e propria scrittura fatta di materia lieve che s’imprime nell’ambiente, Io attraversa, ne prende possesso e Io trasforma completamente in una sorta di aeriforme partitura musicale, in un manoscritto dove si può entrare, sostare ed essere completamente avvolti da un’esperienza multipla sensoriale, emozionale ed intellettuale che cattura Io spettatore imprigionandolo nel respiro del suoi volumi e delle sue connessioni.

Per Kessler l’intervento installativo viene pertanto sempre di più formato da un’idea di opera d’arte “totale” che raccoglie e unisce esperienze e forme espressive solo apparentemente diverse ma che ritrovano le loro affinità profonde grazie alla sua visione progettuale. Cosi nei lavori dell’artista la scultura sconfina verso I’architettura, I’arte ambientale si impreziosisce di suggestioni musicali e la sua composizione polimaterica rinasce come guidata da una mano che incide la pellicola fragile della pittura sul supporto, il tutto condotto attraverso una concezione coerente e inflessibile della creazione come forma di riflessione aperta.

Con la sua sottile e severa trama costruttiva Susanne Kessler riesce difatti a entrare in modo suggestivo e allusivo nelle dinamiche della percezione e della ricostruzione del reale, parafrasando attraverso l’unità dell’opera la molteplicità del mondo ricomposto con un lavorio paziente di scavo e di cucitura nella sua polimorfica e contraddittoria organizzazione, nel suo schema recondito allo stesso tempo incoerente e razionale.

Attraverso il suo metodo di progettazione ed esecuzione I’artista e capace di avvicinare Io spettatore proprio al mistero della complessità del mondo, alla perenne e fluida dialettica tra ordine e disordine come se il risultato finale di questa strada della creazione fosse un ossimoro che riunisce caos ed equilibrio, un’armonia dissonante che ci restituisce i meccanismi segreti di quella complessità e le sue dinamiche instabili e ricorrenti.

Susanne Kessler raggiunge questi risultati di notevole densità simbolica decifrando i segreti delle cose, utilizzando i parametri allargati di un sistema costruttivo fondato sul concetto di rete utilizzato sia in senso strettamente artistico che in modo allusivo. La rete, con i suoi rimandi che possono andare dal mito alla psicologia fino alle neuroscienze, alle scienze cognitive e alle scienze sociali rappresenta infatti una metafora di straordinaria ampiezza che Kessler utilizza con rigore senza trascurare però le suggestioni più liriche legate a questa tematica.

Gli intrecci dell’artista richiamano dunque in vita archetipi legati all’essenza profonda del femminile, con le sue ambiguità e le sue contraddizioni, da Arianna benefica che con il suo filo libera dal labirinto fino alle Parche che filano, tessono e tagliano II tessuto della vita umana.

In questo senso e proprio il tempo uno dei fondamenti delle riflessioni di Susanne Kessler come accade nella grande installazione nel chiostro di San Giovanni a Orvieto dove la linea e il ritmo accompagnano il percorso dello sguardo e II suo fluire nel divenire, sottolineano il rapporto tra il tempo dell’opera e dello spazio storico coincidenti in un solo punto di intersezione tra la nostra presenza, tra la percezione ottica e la stessa dimensione del tempo.

Quella che può apparire allora come una vegetazione che ha preso possesso dell’architettura del chiostro può cosi cambiarsi in una rappresentazione labirintica e intrecciata del tempo, elemento centrale di un lavoro che non può essere colto nella visione immediata ma introduce Io spettatore nella sua struttura interna dove le regole di chronos vengono dilatate e compresse nei diversi strati e passaggi della composizione, nei meandri dove il filo esistenziale del nostro essere nel divenire si dipana, s’inabissa e si ritrova nel cuore profondo che illumina e ravviva la rete segreta delle cose.

 

Testo del catalogo “Ritmo e Linea”, della mostra nel Chiostro del l’ex convento di San Giovanni, Orvieto, IT, 2010